Fortuna

Certo che noi appassionati camminatori (ma anche trail runners) che abitiamo in Liguria, siamo proprio fortunati ad avere le montagne così vicine al mare!

Vista sul Monte di Portofino dal Monte Santa Croce

Così, quando una giornata di lavoro finisce, c’è ancora tempo per un bel “giretto” più o meno intenso.

Quando entra in vigore l’ora legale, le giornate si allungano e si accorcia la lista delle scuse per non rispondere al richiamo dei sentieri, magari per andare a godere di un tramonto dalla cima di un monte.

Non rimane che aumentare il ritmo, puntare i bastoncini e spingere il corpo in salita verso la vetta.

Genova è una città allungata sul mare, dove quasi da ogni punto è possibile vedere le montagne: ad esempio, guidando nelle due direzioni sulla Strada Sopraelevata che attraversa la città. E quando mi capita, soprattutto nelle giornate terse, mi piacerebbe essere là: la montagna è il luogo cui sento di appartenere.

In montagna mi rilasso e mi sento in pace con il mondo. Anche il mio corpo vuole la montagna. Per sudare, per il sottile piacere di sentire i muscoli doloranti e scoprire che ad ogni passo in salita divento un pochino più forte.

Lo speed hiking

Lo speed hiking, in realtà esprime un concetto semplice: una salita rapida verso la mia personale destinazione al ritmo più veloce che posso sostenere.

Può essere un allenamento veloce dopo il lavoro o l’escursione di un giorno completata in metà del tempo; un itinerario che molti percorrono in più giorni, condensato in un solo weekend oppure un’avventura (o una gara) che metta alla prova i miei limiti fisici.

Il fascino dello speed hiking è in fondo tutto qui: si sceglie un obiettivo, si mette alla prova il nostro corpo aumentando la frequenza dei passi, lasciando che l’intensità dello sforzo acuisca i nostri sensi e li riempia della bellezza dei panorami.

Se siete incuriositi, non vi resta che imboccare il sentiero e andare!

Voglio oggi segnalarvi il Rifugio Escursionistico “Mulino del Lupo” a Torriglia, una piacevole sosta lungo la “Via del sale”.

Io e gli amici che nello scorso settembre mi hanno accompagnato lungo la “Via del Sale” da Varzi a Sori, abbiamo fatto tappa qui durante il nostro “viaggio”.
Il Rifugio ma meglio sarebbe dire il Centro Equestre, dal momento che questa è l’attività principale della struttura, è gestito dalla famiglia Monfrini : Marco, il figlio Timothy e la moglie Fabrizia.
Piccola coincidenza: il nostro gruppetto di “diversamente giovani” è appassionato delle attività outdoor e soprattutto di ultratrail; la specialità in cui eccelle il Mulino del Lupo è l’endurance, uno sport equestre caratterizzato da competizioni di resistenza su una distanza che varia dai 30 ai 160 km.
La struttura è interamente in legno, con dodici posti letto e ristorante annesso (gestito dalla signora Fabrizia) con quaranta posti tavola. Il Rifugio è anche al top per quanto riguarda gli standard ecologici: è infatti dotato di impianti fotovoltaici e termici che ne consentono l’autosufficienza energetica.
Dopo questa rapida presentazione, due parole sulla nostra esperienza.
La disponibilità e la cordialità dei gestori, la pulizia delle camerate e dei bagni, l’abbondanza della cena, hanno fatto della nostra sosta lungo il cammino un momento particolarmente piacevole. E una menzione speciale va alla qualità e quantità delle pietanze che ci sono state proposte!
Quindi, se percorrete i sentieri del Parco dell’Antola o dell’Alta Via dei Monti Liguri, vi consiglio senz’altro di prenotare al Mulino del Lupo: non ve ne pentirete!
Ecco indirizzo e numero di telefono:
Centro Equestre Mulino del Lupo
piazza Posteggio 1, 16029 Torriglia (GE)
(proseguire oltre le piscine)
Telefono: 010944494-3358113375
ilmulinodellupo@libero.it

Dall’orto alla tavola

In tutte le stagioni, all’Agriturismo Verde Gioia (www.agriturismoverdegioia.it) le verdure passano direttamente dall’orto alla tavola.
Avevo avuto modo di conoscere Eleonora Masetti, la giovane e dinamica proprietaria, durante un allenamento collettivo sulle alture di Arenzano, in vista di una gara di trail running chiamata “Three for Team” che si svolge a febbraio. Poi, per un motivo o per l’altro sono sempre passato accanto all’indicazione ripromettendomi di tornare per provarlo.
L’occasione si è presentata per la ricorrenza di un compleanno ed è stata più volte replicata con molta soddisfazione.
Il posto non è molto visibile dalla strada, ma raggiungerlo non è difficile: io consiglio di andarci a piedi (ovviamente ?) perché la strada è stretta e in certi punti sconnessa. Tuttavia, se ci si vuole arrivare in auto, nei pressi sono presenti un paio di spiazzi dove (con attenzione) è possibile posteggiare.

Ma come ci si arriva?

Basta arrivare al Santuario del Bambino Gesù di Praga di Arenzano e poi proseguire con la macchina sulle alture, in via Costa Frati (primo incrocio a destra dopo il Santuario, seguire le frecce).
Il ristorante è piccolo, quindi consiglio vivamente di prenotare (Tel. +39 3775444393 E-mail: agriturismoverdegioia@gmail.com).
D’estate c’è posto anche fuori: sedendo nel déhor si può ammirare la montagna da una parte e il mare dall’altra, con vista che spazia su Genova e il Monte di Portofino verso levante e su Savona e la sua riviera verso ponente. 

Ma non vi fa venire l’acquolina in bocca?

Ma…della “pappa” non dici niente?

Certamente: eccovi accontentati! 
Ottime pietanze, naturali, preparate con materie prime autoprodotte, (oltre alle verdure, ad esempio formaggio fresco e prescinseua) e quelle che non lo sono, comunque di ottima qualità (come ad esempio i salumi dell’Azienda Nonna Carli di Mele; la farina di ceci del Mulino di Pegli, per la panissa; l’olio extravergine di olive taggiasche proveniente da coltivazione biologica dell’Azienda Agricola Sara Canale di Camporosso).
In ultimo, voglio segnalare un ottimo rapporto qualità/prezzo: siamo o non siamo a Genova?
Se date retta a me, dopo un allenamento o un’escursione nel Parco del Beigua, vale la pena fermarsi all’Agriturismo Verde Gioia.

Il secondo post della serie “Hike&Food”, è dedicato al principe dei formaggi erborinati: il Castelmagno D.O.P.

Sala di affinamento del Castelmagno

Il riferimento è al Guidebook dell’escursione da S. Magno al Monte Tibert contenuta nel sito.

Alcuni piccoli centri in provincia di Cuneo (Castelmagno, Monterosso Grana e Pradleves) sono il centro della sua produzione e del recupero di una tradizione millenaria. A garantire la qualità del formaggio e il rispetto dei criteri e della zona di produzione ci pensa il Consorzio di Tutela del Castelmagno D.O.P (http://www.consorziocastelmagnodop.it)

Il Castelmagno D.O.P. è prodotto con latte vaccino che deve essere di alcune precise razze bovine. Il suo tempo di stagionatura dura almeno 60 giorni. Presenta una pasta dura semi-friabile, si può gustare così com’è, come antipasto o come secondo piatto, magari con un po’ di miele, oppure in molti piatti tipici della tradizione cuneese. Tra questi, gli gnocchi di patate con crema di Castelmagno. 

Io per comodità, dal momento che ho una casetta nella frazione Chiotti di Castelmagno, lo compro presso l’Azienda Agricola Arneodo Marco (Tel e Fax 0171 986234).

Inizio questa serie di post con l’indicazione di una pasticceria artigiana a Torriglia.

Il riferimento è, in particolare, al roadbook dell’escursione da Torriglia al Monte Antola, ma può essere “sperimentato” con opportuna sosta anche nelle altre escursioni proposte in questo versante del Parco dell’Antola. 
Dunque, di cosa vi voglio parlare? 
Della “Pasticceria Guano“, da oltre trent’anni presenti nel centro di Torriglia in Piazza Cavour 2r. 
Alcuni dei loro prodotti hanno ottenuto il logo “Sapori del Parco dell’Antola”, che attesta la genuinità e la provenienza delle materie prime e delle ricette utilizzate.
Io, quando vado a fare allenamento nel Parco, una sosta da Guano cerco di farla quasi sempre! 
Non solo per acquistare i canestrelletti classici o ricoperti di cioccolato fondente o bianco (ma ce ne sono altre golose versioni).

Ed ecco i Lulù alla panna: SLURP!

 

Ma soprattutto per “spararmi nel gozzo” uno dei famosi “Lulù“: mega bignè ripieni di panna fresca (disponibili nei weekend e nei giorni festivi).

Per saperne di più visitate la pagina Facebook della Pasticceria Guano!

Chi fa attività outdoor (escursionismo, hiking, trail running, ecc.) è “ospite del territorio”. 
Con la serie di post intitolati “Hike&Food” voglio suggerire loro qualche idea che, con riferimento ai Guidebook contenuti nel sito, li possa accompagnare alla scoperta della cultura gastronomica e della comunità di persone che, attraverso il loro quotidiano lavoro artigianale, ci regalano prodotti “unici”. 

Non sono un esperto: mi limiterò a dire cosa “mi piace” in quel territorio.

Suggestioni che derivano dalla mia “visione gastrica della vita” (come ebbe a dirmi un amico, quando “scleravo” quando l’ora di pranzo tardava a venire): “di pancia”, quindi, ma nel rispetto della tradizione.

Voglio affrontare con questo post un argomento che mi sta particolarmente a cuore.
Sempre più persone frequentano la montagna (di per sé un fatto non negativo) e i rifiuti generati aumentano (e questo non va assolutamente bene!).
La gestione responsabile dei rifiuti in montagna è questione di buon senso.
Andiamo in montagna per divertirci, rilassarci, ricaricarci; alla ricerca di sensazioni, energia, bellezza. La salvaguardia dell’ambiente che tanto ci piace frequentare, passa anche dai comportamenti e dalle azioni che compiamo: quindi sarebbe bello non lasciare tracce (visibili o nascoste) del nostro passaggio durante le escursioni.
Sarebbe bello che il contenitore (lattina, scatola, cartone o buccia) fosse riposto ancora nello zaino e riportato a casa. Perché la buccia di una banana che prima avvolgeva il frutto, dopo averne mangiato il contenuto è considerato uno schifoso rifiuto da non mettere in un sacchetto nel proprio zaino? E così per la lattina o peggio ancora per i mozziconi di sigaretta. Il filtro fa parte della sigaretta. Perché gettarlo sul sentiero invece di riportarlo a casa? Non mi sembra poi un rifiuto così ripugnante se un attimo prima chi fuma lo aveva in bocca!
Quelli che possono passare come gesti distratti sono purtroppo gesti di inciviltà che contribuiscono in qualche modo all’inquinamento dell’ambiente che ci circonda.
Per meglio comprendere gli effetti prodotti dall’incauto abbandono dei rifiuti, basterebbe considerare i tempi medi di degradazione naturale dei rifiuti nel terreno (prodotti da oggetti d’uso comune nelle escursioni):

I rifiuti abbandonati, rovinano il paesaggio, inquinano e possono rappresentare un serio pericolo per gli animali.
Tutti noi possiamo dare un valido contributo, portandoci nello zaino un sacchetto che riempiremo con i nostri rifiuti che butteremo non appena possibile nel cassonetto per la raccolta dei rifiuti!

Magari il titolo vi avrà strappato un sorriso. Ma cosa dici, le mucche?

Le incontriamo molto spesso nelle nostre escursioni (o allenamenti) in montagna: a volte i sentieri attraversano proprio il loro pascolo.

Nella mappatura della Tappa n° 27 dell’Alta Via dei Monti Liguri, mi è capitato proprio così e per questo oggi voglio approfondire questo argomento.

Sì, le mucche sono placidi ruminanti. Ma qualche volta si possono trasformare in bestie aggressive e pericolose. Eh sì, anche le mucche nel loro piccolo s’incazzano (non solo le formiche, evidentemente).

Penso che in generale non esistano animali pericolosi: nei miei giri in montagna, non ho mai avuto nessun problema con gli animali in cui mi sono imbattuto, tanto selvatici quanto domestici.

Iniziamo a sfatare un paio di credenze popolari del tutto prive di fondamento scientifico.

Anzitutto NON È VERO che i bovini vedono il colore rosso. Ciò perché il numero di coni (i recettori posti sulla retina) sensibili a questo colore è insignificante: se un toro o una mucca ha di fronte a sé una persona vestita di rosso, in realtà vedendo in bianco e nero, percepisce un “essere” di colore grigio.

Ancora, NON È VERO che le mucche (e i bovini in generale) ci vedano più grandi di quanto in realtà siamo. I bovini non hanno una gran vista e sono molto miopi, ma vedono gli oggetti assolutamente della grandezza giusta.

E adesso provo a dare qualche consiglio, sulla base della mia esperienza:

  • non abbandonate i sentieri tracciati;
  • se il sentiero attraversa il pascolo, mantenete una distanza di sicurezza di 20-50 metri dalle mucche al pascolo, in particolare se vi accorgete della presenza di vitellini;
  • in presenza di vitellini, tenete il cane al guinzaglio (la presenza di Fido rischia di innervosire la mucca che lo vede come una potenziale minaccia) ed evitate di cercare di avvicinarli o accarezzarli: il risultato sarebbe solo quello di scatenare l’istinto di protezione della mucca.
  • se le mucche occupano il sentiero, non spaventate gli animali con schiamazzi o agitando rapidamente bastoni o le braccia: sicuramente, al nostro avvicinarsi si sposteranno loro;

Detto questo, a me non è mai capitato di osservare un comportamento aggressivo da parte delle mucche: di solito si avvicinano a testa alta incuriosite e normalmente si fermano ben prima di raggiungermi. Perciò non saprei cosa suggerirvi in caso di carica.

Concludendo: un pascolo alpino non è uno zoo, e le mucche vanno trattate con riguardo e non provocate, soprattutto se circondate dai loro vitellini.

E voi che esperienza avete avuto?

Qualche giorno fa, durante una delle mie tantissime uscite in solitaria, pensavo a quanto sia bello andare in montagna da soli.

Da solo in montagna ci vado alcune volte per necessità, altre volte per scelta. Non che non mi faccia piacere la compagnia (non sono un orso, tutt’altro), ma da solo è un’altra cosa. Una cosa diversa che a me piace tanto e alla quale riuscirei a rinunciare con difficoltà. Mi capita di andare in montagna da solo spesso per poche ore, a volte per un giorno e, raramente, anche più. Quando ho bisogno di stare solo con me stesso, o ancora quando mi sento stressato trovo assai utile scappare “per bricchi”, come si dice a Genova.

Durante le uscite solitarie mi sento padrone del mio tempo e di come impiegarlo, dialogo solo con me stesso e ogni sensazione viene amplificata al massimo. Il silenzio a volte è talmente forte che fa quasi rumore. Se non ci si è abituati, soprattutto le prime volte, il silenzio può dar fastidio. Per molti la solitudine significa angoscia, per me non è così: sono momenti preziosi, occasioni per guardarmi dentro o almeno di cercare di farlo.

Quando facevo queste riflessioni, mi sentivo da dio ed ero proprio contento di essere lì in compagnia solo del rumore del mio respiro, senza nessuno vicino a me. Pensavo a tutte quelle volte che mi è successo di parlare con qualcuno di questo mio modo di vivere la montagna. Quasi sempre ho avuto l’impressione che mi prendessero per incosciente o, peggio, per uno un po’ strano.

Le obiezioni sono sempre le stesse: e se ti succede qualcosa? Se ti fai male?

Alla fine quasi tutti concordano nell’affermare che in montagna non si va mai da soli. Ma, per dirla tutta, io non mi sento proprio così incosciente, come non mi sento poi così sicuro quando sono con qualcun altro, e ancora meno se, durante un’ascensione, c’è un sacco di gente sopra la mia testa.

Anche essere in compagnia non è sempre sinonimo di sicurezza, ripetevo tra me e me! Da soli o in compagnia, il migliore strumento per identificare i pericoli è la conoscenza: questo vale per ogni attività outdoor legata alla montagna. E’ questo quello che mi frullava per la testa mentre camminavo spedito.

Personalmente, quando sono in montagna da solo, mi sento molto più attento, osservo molto di più, ho forse più paura e rispetto di quello che mi sta attorno e, se ho qualche dubbio, è molto più facile che torni indietro sui miei passi. Sono solo io che decido cosa è meglio fare o non fare per non farmi male.

Eppure anche i giornali e la televisione lo ribadiscono spesso: non si va in montagna da soli!

Proprio per questo oggi, andando “in direzione ostinata e contraria” (come insegna Faber), voglio spezzare una lancia a favore di quelli come me a cui piace andare in montagna da soli.

Con questo non voglio incoraggiare la gente ad andare in montagna da sola, e nemmeno dire che è meglio o peggio rispetto ad andarci in compagnia. E’ solo uno dei tanti modi di vivere la propria passione.

Voi cosa ne pensate? Andate mai in montagna da soli?

Eccomi di nuovo qui!

In questi ultimi tempi non ho scritto nulla. Chiedo venia!

Tra i molti problemi quotidiani non sono riuscito a dedicare molto tempo alla mappatura di nuovi percorsi e, di conseguenza, a preparare le guide con i roadbook. Anche se a prima vista potrebbe sembrare il contrario, descrivere un percorso richiede molto tempo: oltre, ovviamente, a percorrere l’itinerario proposto (anche più volte, se necessario), c’è il lavoro per confrontare le varie tracce per scegliere i dati nella maniera più precisa possibile e poi quello di scrittura vero e proprio. In ultimo, caricare il materiale preparato sul sito senza fare…casini.

Inoltre il meteo dell’inverno appena passato non è stato favorevole: piogge abbondanti, freddo e neve sulle alture dell’entroterra non mi hanno invogliato certo ad uscire per sentieri.

Questo non significa, però, che io sia stato con le mani in mano: anzi!

Ho deciso, a quasi un anno dalla sua realizzazione, di rinnovare completamente easy2trail.com. Volevo dargli un aspetto più bello, pur mantenendo la struttura del precedente; anche la navigazione adesso mi pare più agevole.

Finalmente sono pronto a condividerlo con voi. Cosa ne pensate?

Spero sia di vostro gradimento e vi auguro buona lettura!