Un Guidebook che racconta un percorso è in realtà l’atto finale di un processo che inizia un po’ prima. I percorsi, prima di diventare Guidebook, prendono infatti vita da un’idea, da una suggestione.

I Guidebook nascono, se volete, dall’esigenza di “raccontare” un territorio (o meglio, una parte di esso) in modo originale.

Come per poter parlare di qualcuno è necessario conoscerlo, così per le montagne, le colline, i boschi, i sentieri che, molto prima di diventare segni sulla carta sono realtà di passi, di vicende, di sudore, di uomini e animali.

Segni di un territorio che deve essere camminato per essere conosciuto e del quale bisogna farne esperienza.

E quando l’idea ha preso forma, il materiale raccolto sarà la base sulla quale costruire.

Sul campo

E’ arrivato, dunque, il momento di allacciarmi le scarpe e partire con GPS e taccuino a portata di mano.

Il GPS per outdoor è un dispositivo delle dimensioni di uno smartphone che consente di georeferenziare punti sulla superficie terrestre calcolando posizione, distanze e dislivelli di un percorso.

Normalmente, per percorsi brevi (ad esempio una tappa dell’AVML) due o al massimo tre mappature saranno sufficienti per verificare i dati fondamentali del percorso e i waypoint: ecco che il roadbook avrà preso forma.

Una volta a casa

Una volta a casa, con i dati scaricati sul computer e con l’aiuto di un software cartografico e di qualche altra applicazione per controllare meglio il lavoro, è il momento di abbozzare il progetto di Guidebook.

L’obiettivo è quello di realizzare un prodotto che sia di aiuto soprattutto all’escursionista meno esperto, perché un dubbio sul percorso non lo getti nello sconforto.

Tuttavia è bene ricordare sempre che, pur se ben definiti nelle coordinate X, Y, Z, che li identificano perfettamente, i punti di un tracciato sono soggetti agli imprevedibili capricci della quarta coordinata, la più insidiosa: il tempo.

Questo farà sì che nello stesso punto di coordinate l’anno successivo non ci sia più il sentiero: mangiato da una frana o impedito dal crollo di un albero.

Fatica, sudore e piacere di essere in cammino non hanno coordinate. E nessun Guidebook ce le potrà raccontare.

Ma chi ama camminare per “bricchi” (luoghi impervi, ripidi, scoscesi, come diciamo noi a Genova) le conosce e sa che saranno spesso la parte più profonda del cammino: quella che davvero ci (ri)metterà in contatto con noi stessi.

Le otto montagne, di Paolo Cognetti (Einaudi, Supercoralli), potrebbe essere un bel regalo di Natale per chi ama la lettura e la montagna.

Ammetto di aver affrontato un po’ prevenuto la lettura di questo libro: sono poco attratto dai libri che vincono premi letterari. Ma è stata una piacevole scoperta: un romanzo interessante e, per quanto mi riguarda, sicuramente coinvolgente.

Sarà perché anch’io ho trascorso diversi periodi di vacanza Val d’Ayas durante la mia adolescenza e ne conservo un ricordo indelebile; sarà perché anch’io ho perso mio padre proprio quando avrei potuto iniziare a capire molto di più i grandi doni che un genitore vuole dare.

L’amore per la montagna

In questo senso mi sono parsi di struggente bellezza alcuni brani, come quando Pietro (il protagonista principale), cercando di recuperare in extremis un rapporto col padre defunto, va alla ricerca delle scritte da questi lasciate negli anni passati sui libri di vetta; oppure quando il protagonista, scendendo a valle alla fine dell’estate, immagina di vedere se stesso bambino mentre sale verso gli alpeggi insieme al suo giovane genitore.

Malinconia e solitudine sono le protagoniste di questo romanzo, in cui da ogni pagina traspare l’amore per la montagna, in tutte le sue forme: la montagna vista come cornice da ammirare, d’estate e d’inverno, la montagna vista come rifugio per ritrovare se stessi nel silenzio, la montagna da vivere, la montagna fatta di gesti antichi e faticosi, la montagna da scoprire, la montagna da riscoprire. 

Quello che posso dire io, oltre le recensioni fatte da altri più competenti di me, è che nel romanzo non c’è nessuna forzatura, nessuna violenza, nessun cellulare, nessuna parolaccia, niente sesso, nessuna concessione al linguaggio “odierno”, niente citazioni o riferimenti colti.

Domande cruciali, risposte non scontate

Se il mondo fosse fatto di otto montagne che circondano un monte altissimo, lo si conosce e capisce meglio salendo in cima alla vetta più alta o facendo il giro delle altre otto?

E dal punto in cui ti trovi, in un torrente, il futuro è a valle, verso cui scorre l’acqua, o a monte, alle tue spalle?

Vi lascio il piacere di cercare le vostre personali risposte.

È una lettura da assaporare lentamente, come salendo su un sentiero ripido e tortuoso, sostando di tanto in tanto a gustare il rumore del silenzio, respirando a pieni polmoni, scrutando l’orizzonte ed ascoltando i battiti, più o meno accelerati, del proprio cuore.

Buona lettura.