Dopo le esperienze nei trail e, soprattutto negli ultra trail, ha voluto realizzare un sogno particolare, non certamente l’unico: correre nel deserto.

Francesca Billi, per me semplicemente “WonderBilli”, oltre ad essere un’amica è una libera professionista, una moglie, una mamma (sappiamo bene cosa ciò voglia dire) è un’appassionata di tutto ciò che è attività outdoor. 

(Foto: Francesca Billi)

Dal 6 al 13 aprile scorso ha partecipato, terminandola, alla 34a Marathon des Sables (MdS – http://www.marathondessables.com), una gara di circa 240 km nel deserto marocchino.

E’ la gara che ha consacrato alla leggenda Marco Olmo, per intenderci.

La manifestazione dura una settimana, con sei frazioni e un giorno di riposo.

I partecipanti percorrono le tappe in completa autosufficienza alimentare; lungo il percorso c’è un ristoro ogni dieci chilometri, dove i partecipanti possono ritirare la razione personale di acqua giornaliera (nove litri).

Qualche numero per dare l’idea dell’impresa della mia amica: 160 donne da tutto il mondo hanno preso parte a questa edizione della MdS. Di queste solo tre italiane e tutte felicemente arrivate al traguardo.

Al suo ritorno le ho chiesto di raccontarmi le sue emozioni e il suo personalissimo “dietro le quinte” di un viaggio che, sicuramente, lascia il segno.

Più di una gara

La MdS: una gara o un viaggio?

La MdS è un viaggio: assolutamente! Dentro e fuori di sé. In cui ci si misura con le proprie fragilità; in cui ci si mette in gioco e occorre sapersela cavare in tutte quelle situazioni di difficoltà fisica o mentale che via via si presenteranno, che potranno essere tante e mutevoli.

Poi c’è la particolarità di una gara a tappe, che presenta aspetti che mai avevo affrontato: è tutto una novità. Sono partita però con l’entusiasmo e l’intima sensazione che sarebbe stato tutto bellissimo. Fortunatamente, poi, le aspettative sono state di gran lunga superate!

(Foto: Francesca Billi)

Cosa ti ha spinto a cimentarti in una gara così? (avevi un motivo/obiettivo preciso, un sogno, una battaglia/rivincita personale,…..)

Correre nel deserto è sempre stato il mio sogno, fin da quando ho iniziato a praticare il trail running nel 2013.

Come ti sei allenata?

Gli allenamenti sono stati particolari, perché essendo infortunata, il coach li ha modulati in funzione della patologia e sono consistiti soprattutto in sessioni di potenziamento muscolare, in particolare della schiena e delle gambe. Poi tante passeggiate a ritmo un po’ sostenuto con dislivello, sia per testare i materiali che , soprattutto, per abituarsi al peso dello zaino che in allenamento non ha mai superato i 6-7 kg. Portavo sulla schiena il peso della cultura classica: i dizionari di greco e latino dei miei figli.

I Materiali

Uno degli aspetti più importanti penso sia la preparazione dei materiali: come ti sei regolata?

L’organizzazione del materiale è fondamentale, essendo la MdS una gara in autosufficienza totale.

Uno degli aspetti più importanti è trovare il gusto equilibrio tra la completezza del materiale e il suo “peso”. Per trovarlo, ho dovuto reperire il materiale obbligatorio con il peso minore possibile.

Svelami il contenuto del tuo zaino e l’ordine in cui hai inserito i materiali

All’esterno ho messo il materassino e il sacco a pelo. All’interno tutto materiale medico-sanitario obbligatorio e no: kit dissenteria, kit vesciche, kit bendaggi. Poi qualche antinfiammatorio, qualora fosse stato proprio necessario. Nel marsupio davanti occhiali da sole, amminoacidi, sali, bussola e specchietto.

Un’altra componente che credo sia fondamentale è l’abbigliamento: come ti sei vestita?

Avevo una tenuta da gara composta da pantaloncini e t-shirt e tre bandane.

Una per la testa, che avevo cura di bagnare regolarmente; due che mettevo sotto gli spallacci dello zaino per alleviarne la frizione dovuta al peso. Avevo, ovviamente, un cambio per la sera, finita la gara. Calze, invece, ne avevo una pulita per tappa. I piedi sono troppo delicati.

Nel deserto il bucato asciuga in un’ora. Ho un bellissimo ricordo di queste maglie lavate alla bell’e meglio senza sapone, che sventolano dalle tende. Ancorate con le spille da balia.

I Piedi

Sicuramente, tra le parti del corpo più sollecitate dalla MdS ci sono i piedi: come hai combattuto vesciche e abrasioni?

Ho iniziato mesi prima la preparazione dei piedi con creme ammorbidenti e togliendo eventuali callosità. Durante la gara ho usato molto una crema all’ossido zinco. Ho avuto in unica vescica al terzo giorno: subito curata, non mi ha più dato problemi. Ho patito anche una vescica sulla mano, dovuta alla frizione dei bastoncini.

Il Cibo

(Foto: Francesca Billi)

Francesca, dimmi: hai portato nel deserto anche il pesto?

Magari! Ma non era proprio il caso.

Ogni mattina aprivo pacchetto del cibo. Facevo colazione con una barretta e del caffè solubile. Poi preparavo la razione per la gara. Mantenendo da parte quella per il fine gara e la cena. Durante la gara utilizzavo circa tre barrette e dei chomps: gel in caramelle. In pratica due gel. A fine gara subito una bustina di “recovery” (carboidrati, amminoacidi, sali) da diluire così mi reidratavo anche per bene e un’altra barretta. A cena, carne salada e due barrette.

La barretta del mattino era proteica; durante la gara a base di carboidrati; per reintegrare a fine gara e per cena, invece, era mista.

Non ho utilizzato liofilizzati per scelta.

Sicuramente, per le prossime esperienze di gare a tappe, porterò la bresaola sottovuoto. Anche per la MdS ci avevo pensato, ma poi non sono riuscita a organizzarmi.

Vita da gara

(Foto: Francesca Billi)

Il bivacco è un’esperienza a sé: come funziona?

L’organizzazione della MdS impegna circa 600 persone tra addetti propri e staff di supporto che gestiscono le 300 tende per i concorrenti, per l’organizzazione e quelle mediche (sono presenti 60 tra medici e paramedici), che ogni giorno sono montate, smontate, spostate e rimontate. Sono due i campi che si muovono a staffetta con i concorrenti: ogni mattina alle cinque, che tu stia dormendo o sia già sveglio, il campo è smontato e spostato all’arrivo della tappa successiva, dove è rimontato completamente. Tutto questo avviene per sette giorni senza l’ausilio di strade: è un vero campo nomade che si sposta in giro per il deserto.

La vita del campo e la parte più bella. Ci si sveglia insieme. Ci si prepara, si condividono il caffè e le barrette; le salviette; le emozioni, gli abbracci, i baci.

Nella nostra tenda eravamo in otto, lo spazio era davvero minimo, si viveva gomito a gomito e con i compagni: si è creato subito un legame strettissimo. Si diventa amici per la vita. Io ho incontrato Tea e Luigi e saremo legati a vita. Lo so.

Non c’è mai stato un accenno di attrito anche in situazioni difficili, eravamo tutti uniti e solidali per “sopravvivere” e arrivare in fondo. Durante la gara difficilmente incontravo i miei compagni: erano più veloci. Perciò ci si ritrovava sempre alla partenza e/o all’arrivo.

Si arrivava in tenda alla spicciolata. E non sai mai se qualcuno si è ritirato fino a che non finisce il tempo limite.

I componenti della nostra tenda sono tutti arrivati: tutti FINISHER della MdS 2019!

 

Come si sviluppa una giornata tipo?

È bella articolata! Nonostante la sveglia sia molto presto, il tempo prima della partenza non va sottovalutato perché ci sono tante cose da fare. Impacchettare tutto, rimetterlo nello zaino, fare colazione, lavarsi meglio che si può.

Poi arrivano gli addetti del campo e fanno il giro e scoperchiano tutte le tende. E che ci sia vento, sole caldo o freddo rimani lì senza un tetto e te la ridi perché non sai mai a quale tenda tocchi per primo. Poi c’è adunata per briefing e lo start.

La Nostalgia

(Foto: Francesca Billi)

Sei tornata anche tu con il “mal di deserto”?

Sono tornata, ma non penso che tornerò mai del tutto.

Tornare a casa è bello perché lì ci sono i tuoi affetti. Ma quello che ho lasciato nel deserto è veramente profondo. Un’esperienza che ti porta ad attraversare la tua anima e il tuo cuore.

Più che “mal di deserto”, direi meglio “mal di libertà assoluta”: stare sotto il cielo stellato con il naso all’insù, senza telefono senza social, senza niente: è stupendo!

Un momento di grande riflessione e crescita personale.

Ho scoperto che ci si può lavare benissimo con una bottiglia di acqua al giorno.

Che si può dormire per terra e svegliarsi con la sabbia tra i denti ed essere felici.

La felicità nell’essenzialità che però ti riporta a te stesso.

Ecco, tutto questo che ho provato a sintetizzare, mi fa dire che sicuramente la MdS è un’esperienza che vale la pena provare.