Le otto montagne, di Paolo Cognetti (Einaudi, Supercoralli), potrebbe essere un bel regalo di Natale per chi ama la lettura e la montagna.

Ammetto di aver affrontato un po’ prevenuto la lettura di questo libro: sono poco attratto dai libri che vincono premi letterari. Ma è stata una piacevole scoperta: un romanzo interessante e, per quanto mi riguarda, sicuramente coinvolgente.

Sarà perché anch’io ho trascorso diversi periodi di vacanza Val d’Ayas durante la mia adolescenza e ne conservo un ricordo indelebile; sarà perché anch’io ho perso mio padre proprio quando avrei potuto iniziare a capire molto di più i grandi doni che un genitore vuole dare.

L’amore per la montagna

In questo senso mi sono parsi di struggente bellezza alcuni brani, come quando Pietro (il protagonista principale), cercando di recuperare in extremis un rapporto col padre defunto, va alla ricerca delle scritte da questi lasciate negli anni passati sui libri di vetta; oppure quando il protagonista, scendendo a valle alla fine dell’estate, immagina di vedere se stesso bambino mentre sale verso gli alpeggi insieme al suo giovane genitore.

Malinconia e solitudine sono le protagoniste di questo romanzo, in cui da ogni pagina traspare l’amore per la montagna, in tutte le sue forme: la montagna vista come cornice da ammirare, d’estate e d’inverno, la montagna vista come rifugio per ritrovare se stessi nel silenzio, la montagna da vivere, la montagna fatta di gesti antichi e faticosi, la montagna da scoprire, la montagna da riscoprire. 

Quello che posso dire io, oltre le recensioni fatte da altri più competenti di me, è che nel romanzo non c’è nessuna forzatura, nessuna violenza, nessun cellulare, nessuna parolaccia, niente sesso, nessuna concessione al linguaggio “odierno”, niente citazioni o riferimenti colti.

Domande cruciali, risposte non scontate

Se il mondo fosse fatto di otto montagne che circondano un monte altissimo, lo si conosce e capisce meglio salendo in cima alla vetta più alta o facendo il giro delle altre otto?

E dal punto in cui ti trovi, in un torrente, il futuro è a valle, verso cui scorre l’acqua, o a monte, alle tue spalle?

Vi lascio il piacere di cercare le vostre personali risposte.

È una lettura da assaporare lentamente, come salendo su un sentiero ripido e tortuoso, sostando di tanto in tanto a gustare il rumore del silenzio, respirando a pieni polmoni, scrutando l’orizzonte ed ascoltando i battiti, più o meno accelerati, del proprio cuore.

Buona lettura.

Voglio iniziare questa sezione del blog sui libri che trattano argomenti correlati alla montagna con una provocazione, se volete.

Foto dal film Il Murràn-Masai in the Alps di Sandro Bozzolo.

Immigraziene e Immigrati

In questi ultimi mesi si fa un gran parlare di immigrazione e di immigrati, ci si accapiglia intorno a questo tema dividendosi in fazioni. Io credo che sia quantomai necessario uscire dalla logica dell’emergenza e del “fenomeno straordinario”, senza farsi condizionare da tante “belinate” (concedetemi la licenza) divulgate a puro scopo elettorale. Credo anche che questa sia l’unica strada per trasformare un fenomeno in un’opportunità, nel cuore di un Paese che ogni anno, purtroppo, è più vecchio.

(Fonte: Amazon)

Perciò vi presento il libro “Per forza o per scelta” dell’editrice Aracne (ISBN 978-88-255-0494-1, 314 pagine, disponibile anche in e-book e print on demand), curato da Andrea Membretti, Ingrid Kofler e Pier Paolo Viazzo e che fa il punto sulla presenza di immigrati e rifugiati nelle montagne italiane. Lo fa in modo chiaro, aggiornato e puntuale, partendo da dati che possono sorprendere chi ancora non si è reso conto del fenomeno in atto.

Questo libro rappresenta indubbiamente una novità.

Nuovo è l’oggetto, perché il fenomeno è assolutamente recente e in fieri, ancora poco o per nulla affrontato nella sua complessità, in particolare per quanto riguarda la presenza dei profughi nelle zone montane e il loro impatto sulle comunità locali.

Nuovo è poi lo sguardo d’insieme che gli autori hanno adottato, poiché hanno scelto di considerare la presenza straniera non solo a livello di Alpi – dove alcuni approfondimenti su Austria e Svizzera offrono un “assaggio” al lettore italiano delle dinamiche migratorie in atto Oltralpe – ma anche relativamente agli Appennini.

Nuova infine è la situazione in cui oggi ci troviamo a discutere e a progettare. L’immigrazione in montagna non è certo una novità: basti pensare alla migrazione della popolazione Walser, per esempio.

Però  il fenomeno immigratorio con cui oggi siamo chiamati a confrontarci è una novità assoluta: lo è sia per i numeri decisamente maggiori che lo caratterizzano che per la velocità con cui si va sviluppando.

Gli stranieri in montagna

Gli stranieri che già abitano stabilmente nei Comuni alpini italiani sono quasi 400.000 (circa un milione comprendendo i comuni appenninici) e si dedicano principalmente ad attività tendenzialmente “trascurate” dagli italiani: pastorizia, ripristino di costruzioni abbandonate e muretti a secco, taglio e manutenzione forestale, lavori nelle vigne e in alpeggi, estrazione della pietra, pulizie alberghiere, assistenza domiciliare, ecc. 

Se si considera che il 90% dei Comuni montani ha meno di 10.000 abitanti e che gran parte dei piccoli centri è interessato da fenomeni di spopolamento e di invecchiamento demografico, risulta evidente come la crescita di popolazione straniera stia dando un contributo importante alla tenuta del tessuto sociale ed economico dei Comuni stessi.

Infine la parte che, secondo il mio modesto punto di vista, è più importante: l’analisi di dodici casi di studio, che portano esempi di buone pratiche di accoglienza e integrazione di migranti e nuovi montanari, nel segno della convivenza umana e della convenienza economica.