Perché vado in montagna? Perché alpinismo vuol dire natura (…) e perché in natura ritrovi l’autentico senso della vita, il segreto di una gioia interiore che nessuna vicenda terrestre potrà annientare  – Guido Rossa –

La montagna serve anche a ricordare: era il 24 gennaio 1979 quando Guido Rossa, un operaio, un sindacalista, un uomo di 44 anni che dimostrava ogni giorno il suo impegno per costruire il futuro dell’Italia, lavorando in fabbrica, fu ucciso a Genova dalle Brigate Rosse. 

Rossa è, e rimane, un simbolo della lotta all’eversione, ma non è di ciò che voglio parlare.

Non tocca a me.

Guido è un amante della montagna ed è questo aspetto che più si addice a easy2trail.

Approfondendo il suo profilo alpinistico, ho scoperto che nel 1963, a 29 anni, partecipa alla spedizione del CAI UGET di Torino al Langtang Lirung (7.227 m), nell’Himalaya del Nepal. 

Un fatto curioso, che testimonia la sua passione è questo.

Grazie a particolari bulloni presi alla Fiat, dove lavora prima di trasferirsi all’Italsider di Genova, realizza primordiali chiodi a pressione (non sono alpinista, non mi vergogno a dire che ho paura della roccia) con i quali sarà il primo a chiodare le vicine palestre. Soprattutto Rocca Sbarua, la palestra dei torinesi.

Nel suo curriculum anche una via sulla parete nord del Corno Stella, nella bellissima Valle Gesso (nel sito ci sono due itinerari: uno al Colle del Chiapus e  uno ai Laghi della Sella)

Ad un certo punto della sua esperienza ha avvertito l’urgenza di mollare con l’alpinismo e “scendere” a valle, fra gli uomini. Si impegnò con caparbietà e passione. Il resto è tristemente noto.

 

Qualche giorno fa, durante una delle mie tantissime uscite in solitaria, pensavo a quanto sia bello andare in montagna da soli.

Da solo in montagna ci vado alcune volte per necessità, altre volte per scelta. Non che non mi faccia piacere la compagnia (non sono un orso, tutt’altro), ma da solo è un’altra cosa. Una cosa diversa che a me piace tanto e alla quale riuscirei a rinunciare con difficoltà. Mi capita di andare in montagna da solo spesso per poche ore, a volte per un giorno e, raramente, anche più. Quando ho bisogno di stare solo con me stesso, o ancora quando mi sento stressato trovo assai utile scappare “per bricchi”, come si dice a Genova.

Durante le uscite solitarie mi sento padrone del mio tempo e di come impiegarlo, dialogo solo con me stesso e ogni sensazione viene amplificata al massimo. Il silenzio a volte è talmente forte che fa quasi rumore. Se non ci si è abituati, soprattutto le prime volte, il silenzio può dar fastidio. Per molti la solitudine significa angoscia, per me non è così: sono momenti preziosi, occasioni per guardarmi dentro o almeno di cercare di farlo.

Quando facevo queste riflessioni, mi sentivo da dio ed ero proprio contento di essere lì in compagnia solo del rumore del mio respiro, senza nessuno vicino a me. Pensavo a tutte quelle volte che mi è successo di parlare con qualcuno di questo mio modo di vivere la montagna. Quasi sempre ho avuto l’impressione che mi prendessero per incosciente o, peggio, per uno un po’ strano.

Le obiezioni sono sempre le stesse: e se ti succede qualcosa? Se ti fai male?

Alla fine quasi tutti concordano nell’affermare che in montagna non si va mai da soli. Ma, per dirla tutta, io non mi sento proprio così incosciente, come non mi sento poi così sicuro quando sono con qualcun altro, e ancora meno se, durante un’ascensione, c’è un sacco di gente sopra la mia testa.

Anche essere in compagnia non è sempre sinonimo di sicurezza, ripetevo tra me e me! Da soli o in compagnia, il migliore strumento per identificare i pericoli è la conoscenza: questo vale per ogni attività outdoor legata alla montagna. E’ questo quello che mi frullava per la testa mentre camminavo spedito.

Personalmente, quando sono in montagna da solo, mi sento molto più attento, osservo molto di più, ho forse più paura e rispetto di quello che mi sta attorno e, se ho qualche dubbio, è molto più facile che torni indietro sui miei passi. Sono solo io che decido cosa è meglio fare o non fare per non farmi male.

Eppure anche i giornali e la televisione lo ribadiscono spesso: non si va in montagna da soli!

Proprio per questo oggi, andando “in direzione ostinata e contraria” (come insegna Faber), voglio spezzare una lancia a favore di quelli come me a cui piace andare in montagna da soli.

Con questo non voglio incoraggiare la gente ad andare in montagna da sola, e nemmeno dire che è meglio o peggio rispetto ad andarci in compagnia. E’ solo uno dei tanti modi di vivere la propria passione.

Voi cosa ne pensate? Andate mai in montagna da soli?