Genova mia che scendi e che sali (3)
Un punto di osservazione diverso
Ritornato su al Righi con l’ennesimo viaggio sul razzo rosso, questa volta decido di affacciarmi dall’altro lato della strada. E’ quello che getta lo sguardo verso la Val Bisagno: sulla città dei morti più importante di Genova che è anche uno dei cimiteri monumentali più importanti d’Europa; sul torrente Bisagno, dall’aspetto un po’ lugubre; sullo stadio Luigi Ferraris ❤️? (nessuno è perfetto ?); sull’orrenda ma affascinante modernità del “Biscione”.
Il “Castel Gandolfo” genovese
Mi tengo sulla destra, facendo attenzione a non essere “stirato senza appretto” dalle rare automobili che passano.
Ridiscendo per qualche centinaio di metri Via Mura delle Chiappe e, prima che inizino le Mura di Sant’Erasmo, la prima via di fuga verso il centro città mi è offerta da una crêuza sulla destra.
Facciata bianca e nera ormai sbiadita, torre a dominare la valle, Villa Quartara è una delle più belle e dimenticate nobili dimore del Righi. Il cardinale Giuseppe Siri ne aveva fatto la sua reggia, il suo ritiro. Dopo Siri la villa fu ancora frequentata di tanto in tanto dal cardinale Giovanni Canestri, Tettamanzi invece la snobbò.
Non so se gli altri arcivescovi di Genova l’abbiano frequentata, ma non mi sembra poi così interessante saperlo.
Macabri pensieri si affacciano
Imbocco quindi Salita Emanuele Cavallo, che forse qualcuno di voi (io no, non lo sapevo proprio) la conosce con il macabro “nickname” di “Montata dell’Agonia” perché da qui salivano i condannati a morte (per impiccagione) diretti alla forca posizionata sulle mura del Castellaccio. .
La funicolare non c’era ancora… quindi si andava a piedi.
Belin, che sensibilità i legislatori genovesi del tempo: forca con vista panoramica!
La crêuza ha tutti gli elementi “canonici”: pendenza, incastro di mattoni rossi, ciottoli ai lati, cocci di bottiglia sui muri perimetrali, edicole votive…
Scendo, stando attento a non imbelinarmi scivolando sui mattoni viscidi (sono andato sabato e durante il weekend è piovuto), fino all’incrocio con Salita Accinelli.
In questo punto i Confratelli della Misericordia, che portavano a spalle i cadaveri dei giustiziati, proseguivano a destra lungo quella che veniva chiamata “Salita della Morte”. Il corteo che saliva non doveva, nella parte superiore, incrociare quello in discesa: una sorta di “senso unico alternato”.
Però, per quanto macabri, i nickname delle due crêuze erano logici e pertinenti.
Al bivio, qualsiasi scelta va bene: entrambe planano in via Lorenzo Costa prima di proseguire verso la città. Io le ho percorse tutte e due in tempi diversi: Salita Cavallo è più ripida, mentre Salita Accinelli è meno pendente.
Salita Bachernia
La seconda via di fuga percorrendo le Mura di Sant’Erasmo, oltre Villa Quartara, è rappresentata dalla sorprendente Salita Bachernia.
Procede per gradi, in maniera sinuosa e mai uguale. I mattoni si alternano alle pietre e agli scalini; la viabilità urbana (una per tutte: via Domenico Chiodo) incrocia spesso le crêuze che scendono a (o salgono da) Castelletto, imponendo improvvisi cambi di rotta.
Prima di proseguire la discesa vale senz’altro la pena di fermarsi qui a contemplare il panorama. Il tratto seguente, anticipato da alcuni gradini è, a suo modo, affascinante: ancora una volta i tratti “canonici” delle crêuze sono rispettati e il disturbo delle costruzioni più moderne non è così fastidioso come in altre discese (o salite). Con mia “viva e vibrante soddisfazione” (cit. Crozza/Napolitano) mi sono sentito un po’ più isolato e lontano dalla frenetica vita urbana.
Ad un tratto, con un vero e proprio colpo di scena, mi è apparsa la Chiesa di San Paolo. E’ curiosa sia per le dimensioni, incastonata com’è in un dedalo di strade strette e slarghi privi di brio, sia per la colorazione della facciata a bande rosse e bianche (chissà poi perché?).
Riprendo la discesa verso la parte inferiore della crêuza, che è ripida, veloce, insidiosa.
Percorro gli ultimi metri con circospezione e, alla fine di questa sorta di toboga, mi ritrovo in Piazza Sant’Anna, con la sua chiesa cinquecentesca, la farmacia gestita dai frati carmelitani (bottega storica del Comune di Genova) e una biblioteca che, senza essere così monumentale, tuttavia ci riporta istantaneamente al fascino di quella del “Nome della Rosa”.
(Continua…)
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