Tenendo bene in mente che il GPS è solo uno strumento e che è la nostra testa che deve guidarci, proviamo ora a chiederci quali sono le informazioni e i dati che possiamo ricavare dal suo utilizzo.
Posizione
Dividiamo le considerazioni in due casi, secondo se si possiede o meno un GPS cartografico. Nel primo caso, basta guardare lo schermo del GPS per sapere in quale punto della terra ci troviamo. Ovviamente, ci fornirà anche le indicazioni di tipo numerico.
Se invece non possediamo un GPS cartografico, lo strumento ci fornirà, fondamentalmente, solo informazioni di tipo numerico:
- Longitudine, che esprime quanto si sia a Est o a Ovest rispetto a un meridiano particolare, quello di Greenwich;
- Latitudine, che indica quanto si sia a Nord o a Sud rispetto a un parallelo particolare, l’equatore;
È molto importante il formato con cui sono mostrate le coordinate geografiche sul display dello strumento. I sistemi più usati sono i due tipi di gradi (sessagesimali o centesimali), oppure con il sistema UTM. Tutti i ricevitori provvedono autonomamente a eseguire le conversioni tra sistemi di coordinate: se si immette una coordinata in formato UTM nello strumento, e poi si cambia la rappresentazione in gradi, i dati di quel punto saranno convertiti automaticamente nell’altro sistema. È quindi sempre possibile nello strumento visualizzare, memorizzare o trasformare i punti con qualsiasi sistema.
Coordinate nei diversi sistemi:
Tipo di notazione | Formato | Esempio coordinate |
Gradi / Minuti | hdd’mm.mmmm | 45°09 043’ N 7°27 832’ E |
Gradi / Minuti / Secondi | hdd°mm’ss.s” | 45°09’02.6” N 7°27’49.9” E |
Gradi semplici | hddd.dddd° | 45.150717 N 7.463872 E |
UTM* | – | 32T 379242 5000934 |
*= L’Italia è inquadrata nella zona UTM 32T
- Altitudine;
- Data/ora del rilevamento;
insomma, abbiamo tutte le coordinate che possono identificare un punto nello spazio-tempo terrestre e che ci possono dire dove siamo in ogni istante (sempre che il GPS sia attivo e tenendo conto dell’errore di misura dello strumento).
I dispositivi più evoluti hanno una bussola elettronica e un altimetro barometrico.
La bussola ci permette di sapere in ogni momento la posizione dei punti cardinali e offre alcune funzioni molto interessanti. Ad esempio, grazie ad essa, le mappe del dispositivo sono automaticamente orientate nella direzione giusta. Inoltre, una volta impostato un certo punto di interesse come destinazione (ad esempio: un rifugio), potremo sempre sapere la direzione in cui trovarlo (in linea d’aria, ovviamente). In commercio esistono dispositivi con bussole elettroniche a due o a tre assi. Queste ultime sono migliori, perché mentre nel primo caso il dispositivo deve essere mantenuto perfettamente in piano, con una bussola a tre assi questo non è necessario.
Poiché attraverso la tecnologia GPS si può determinare con una buona accuratezza la posizione sul piano orizzontale (latitudine e longitudine), altrettanto non può dirsi sul piano verticale (altitudine). Perciò è necessario l’altimetro barometrico mediante il quale potremo sapere sempre con una buona precisione (dell’ordine della decina di metri) la nostra quota attuale. Inoltre, potremo visualizzare in tempo reale l’ascesa, la discesa e il profilo altimetro del percorso che abbiamo compiuto fino ad ora.
Tracce e trackpoint
Tutti i GPS per attività outdoor, indipendentemente dal produttore, fanno almeno una cosa: registrano la nostra posizione man mano che ci spostiamo.
I tracciatori GPS (o GPS tracker, in inglese) registrano, quindi, a intervalli di tempo variabili (dell’ordine della decina di secondi) la nostra posizione. I punti, chiamati trackpoint, sono poi uniti tra loro per costituire, con una buona approssimazione, il percorso che abbiamo compiuto, detto traccia.
Trackpoint e tracce sono due concetti che è utile conoscere bene, per questo cercherò di chiarire ogni dubbio con un’immagine:
Questa figura evidenzia una cosa molto importante, cioè che la traccia è solo un’approssimazione del percorso compiuto. Infatti, come possiamo notare, non è altro che una sequenza di segmenti che uniscono tra loro i trackpoint. E’ intuitivo che più i trackpoint saranno “densi”, più la traccia si avvicinerà al percorso reale (ma senza raggiungerlo mai).
Avere molti trackpoint, però, significa attivare molto più spesso il ricevitore GPS. E usare intensivamente il ricevitore GPS significa ridurre considerevolmente l’autonomia delle batterie. Ecco quindi un’altra cosa fondamentale: registrare più trackpoint significa avere una traccia più precisa, ma anche consumare più rapidamente le batterie del dispositivo.
Ecco perché tra un trackpoint e il successivo quasi tutti i dispositivi lasciano passare almeno qualche secondo (sta alla “bravura” del dispositivo adattarsi in tempo reale per capire quando gli servono più trackpoint e quando gliene bastano meno).
Una cosa importante da rilevare è che il GPS ha una precisione nella migliore delle ipotesi dell’ordine dei 5 metri. Il margine d’errore comunque potrebbe essere anche molto più ampio, in particolare in presenza di costruzioni alte, pareti rocciose e boschi fitti. Ecco quindi una figura più realistica:
I trackpoint, come possiamo notare, non sono più posizionati perfettamente sul percorso compiuto. Inoltre, per ciascuno di essi abbiamo indicato un certo “margine di imprecisione”, rappresentato da un cerchio il cui raggio varia da punto a punto.
Rotte e routepoint
Mentre una traccia è il percorso che stiamo compiendo (o che abbiamo compiuto), una rotta è un itinerario fisso. Facendo un esempio banale: se da Genova vogliamo andare a Savona in treno, la rotta è ovviamente la linea ferroviaria che unisce le due città. La traccia è invece il percorso che stiamo effettivamente facendo e che cambia man mano che il treno va avanti o, per dirla in altri termini, man mano che percorriamo la rotta. Naturalmente mentre registriamo una traccia non siamo obbligati a seguire una rotta.
Così come le tracce sono composte da trackpoint, le rotte sono composte da routepoint:
I waypoint
I waypoint non sono altro che dei punti “particolari” con una certa latitudine, longitudine e, eventualmente, altitudine. Sono waypoint, ad esempio, una cima, un passo, un rifugio o una sorgente. I waypoint sono spesso chiamati anche punti di interesse (PDI) o, in inglese, point of interest (POI).
Registrando i waypoint, potremo costruire un roadbook.
Quando si arriva nel punto di interesse, si attende qualche secondo (in modo che il GPS aggiorni correttamente la posizione) e poi si può procedere con il salvataggio del waypoint, fornendogli un’etichetta che ricordi il luogo (si possono usare delle sigle per fare prima, come ad esempio: PARK per il parcheggio, ASX se vogliamo indicare che c’è un bivio dove voltare a sinistra, RIF per il rifugio).
Sullo schermo del GPS appare un simbolo (in questo caso una bandierina colorata, che può essere cambiata scegliendo tra una nutrita serie di simboli) e l’etichetta che si è scelta.
I file GPX
Immaginiamo di aver fatto un’escursione utilizzando il nostro strumento GPS: abbiamo quindi registrato il percorso che abbiamo compiuto (la traccia, insomma) e le coordinate dei punti di interesse principali (i waypoint). Il risultato non è nient’altro che un file in un certo formato, che potremo trasferire sul computer per salvarlo, analizzarlo e magari condividerlo con qualche amico.
Esistono decine di formati di file diversi, molti dei quali proprietari (che quindi possono essere utilizzati e compresi solo dai dispositivi e dai software di un particolare produttore). Tuttavia c’è un formato che tutti i dispositivi interpretano e che tutti noi dobbiamo conoscere: il GPX (acronimo di GPS Exchange Format). GPX è il formato più supportato in assoluto: consigliamo di usare questo se non si abbiano altre esigenze particolari.
I file GPX, come abbiamo detto, sono usati per tracce e waypoint, ma anche per le rotte (route). Internamente sono semplici file di testo (codificati usando una sintassi particolare chiamata XML).
In questa immagine vi presento come un editor di testo legge il file GPX. Nell’esempio, per motivi di spazio, ho presentato solo i primi tre.
Non ci capite niente? Guardate meglio. Il testo evidenziato mostra, infatti, il nome della traccia e tutti i dati essenziali: latitudine, longitudine, altitudine e giorno/ora.
Come posso utilizzare tutti questi dati?
I dati raccolti durante un’escursione vanno salvati sul vostro computer (PC o Mac).
Ogni GPS ha la sua procedura per fare questo (normalmente si usa un collegamento USB) ed è indispensabile consultare il manuale del vostro GPS.
In prima battuta, salvando il file GPX e trasferendolo su una delle tante applicazioni che si possono trovare in rete (Wikiloc, Komoot, ecc.), è possibile vedere il giro che avete fatto con tanto di mappa, profilo altimetrico e tutti i dati relativi all’escursione (andatura, dislivello, ecc.).
Se così si decide di tornare in quei posti, si hanno già le informazioni che ci permettono di rifare lo stesso percorso anche in caso di nebbia fitta: basta ricaricare le vecchie tracce e waypoint sul GPS.