Se sfogliamo gli album fotografici del passato che ritraggono alpinisti, climber o escursionisti risulta evidente come ogni epoca sia stata caratterizzata, anche in montagna, da un particolare tipo di abbigliamento.

Ci ricordiamo tutti i pantaloni in lana o velluto, i maglioni, gli scarponi di cuoio e le giacche cerate indossate dai componenti delle spedizioni alpinistiche dei primi decenni del secolo scorso, o i pantacollant sintetici e molto colorati dei freeclimber degli anni ’80, o ancora sempre di quel periodo i K-way e i pile indossati dagli escursionisti.

Però, fortunatamente dico io, la tecnologia e il design hanno fatto passi da gigante e sicuramente oggi il livello di comfort cui possiamo accedere, anche in condizioni critiche, è davvero elevato.

Come ho ricordato nelle pagine in cui descrivo la mia cassetta degli attrezzi, il principio generale cui attenersi per svolgere attività aerobiche all’aperto è quello di vestirsi “a cipolla”, ovvero a strati sovrapposti.

Per quanto riguarda la parte superiore del corpo: uno strato base leggero e traspirante che trasporti lontano dalla pelle il sudore, più meno pesante in base alla stagione e a dove si vuole andare; uno strato intermedio traspirante che abbia anche proprietà di trattenere il calore; uno strato esterno impermeabile e traspirante che difenda dal vento e dalla pioggia/neve senza trattenere il vapore acqueo generato dal corpo.

Mentre per la parte inferiore, fondamentalmente, bastano uno o due strati: uno estivo, in tessuto leggero e traspirante e in inverno  uno più caldo eventualmente coperto da un guscio.

Una volta individuati questi due/tre strati tipo si può ragionare in termini di offerta, perché non esiste un solo tipo di strato base, né di strato intermedio isolante né di guscio.

Sintetico, naturale…  di seguito vi presento qualche esempio di materiale con cui è realizzato il capo di abbigliamento che pensate vi potrà servire.

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