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Quante volte ci siamo sentiti dire che dobbiamo apprezzare le piccole cose nella vita?

Ma anche io, come tanti, dimentico troppo spesso questo piccolo ma grande concetto!

Sì, la vita è una sola e dovrei (dovremmo), dedicare più tempo a quello che mi (ci) fa sentire davvero bene.

Io ad esempio, ma credo sia condizione ahimè comune, passo buona parte della giornata attaccato allo schermo di un portatile, tra le altre cose rispondendo alle molte email che intasano la mia casella di posta, magari tra una telefonata e l’altra.

Durante queste ore passate così, quando poi apro Facebook o magari Instagram mi soffermo a guardare con una (non) leggera invidia le immagini di quelle persone che sono là fuori, “per bricchi”, da soli. In me cresce sempre più una certa voglia di evadere.

La meta

Quante volte, attraversando la città verso levante ho notato la sua sagoma.

Quante volte ho visto foto scattate da amici che ne hanno fatto il loro terreno preferito di allenamento.

Ma io non c’ero mai stato.

Per pigrizia, forse. O per la comodità di raggiungere altri forti di Genova.

Ma non quel giorno. Per un giorno volevo che le cose andassero diversamente!

Le previsioni meteo non erano propriamente favorevoli, quel giorno. Prevedevano neve anche in città, ma io ero scettico.

Quindi mi sono messo al tavolo di lavoro come sempre, testa china e poca attenzione a quanto stava succedendo là fuori.

Ma dopo pranzo, mi accosto alla finestra e…sorpresa! Nevica davvero e fitto.

Targa sul frontale del forte

C’è la tempesta perfetta per… andare finalmente al Forte Richelieu!

Sono un lavoratore autonomo, lavoro prevalentemente a casa. Qualche volta questa condizione ha anche i suoi aspetti positivi: poter decidere all’improvviso di prendersi un pomeriggio di vacanza!

Una volta cambiato e indossate le scarpette da speed hiking, è come se fossi stato catapultato in un altro mondo.

Inizia l’avventura

Avvio il GPS sotto gli occhi stupiti di qualche rado passante (avrà fatto sicuramente la solita considerazione sul mio disagio mentale) e mi incammino verso la mia avventura!

Risalgo Corso Gastaldi mentre le auto prive di catene fanno fatica ad avanzare sullo strato di neve. Mi fermo sotto i portici per indossare i guanti perché ho già le mani intirizzite.

In Via San Martino il traffico è, se possibile, ancora più caotico, ma io avanzo leggero (si fa per dire) sulla neve non ancora calpestata, per non rischiare di scivolare.

Dopo qualche centinaio di metri, facendo lo slalom tra le auto incolonnate prendo Via di Chiappeto e qui iniziano i problemi: la primissima parte è in discesa ed è un’anticipazione di quello che troverò lungo la strada del ritorno. Non propriamente una passeggiata.

Crosa a me sconosciuta

Poi la mattonata innevata inizia a salire e la nevicata non accenna a smettere.

Verso l’ignoto: nel senso che io qui non ci sono mai passato nemmeno col sole.

Le nuvole sono basse, non si vede molto attorno. Io continuo a salire lungo quella che mi pare l’unica direzione possibile: copiando le impronte lasciate da qualche altro squinternato come me. Poi, ad un certo punto, le orme finiscono e rimango solo, immerso nel silenzio, in compagnia del mio respiro affannato e dei miei pensieri.

L’unico rumore è quello della neve che si rompe sotto il peso dei passi. Bellissimo!

Non sono solo

Un passo incerto, una roccia che non avevo intuito: scivolare è un attimo. Punto i bastoncini. Avanzo e mentre li sollevo per cercare un altro appoggio, mi accorgo di aver rotto il puntale di quello destro. E porca paletta!

Arrivo al Forte Richelieu

Così, adesso, mi trovo con un bastoncino che assomiglia a quello di Aigor. E mentre penso a come contattare Fulvio per farmi spedire le aste nuove, d’improvviso… Forte Richelieu Ululì.

Le nubi si erano un po’ diradate e adesso dalla sommità della collina potevo scorgere la città e potevo immaginare il rumore e il traffico congestionato per la neve.

Se ci ripenso che un’ora prima ero con gli occhi attaccati allo schermo del computer e adesso ero del tutto immerso nella natura, che bella sensazione!

Ero completamente assorto nei miei pensieri mentre cercavo di intuire una direzione per scendere, ma in realtà andando in senso opposto, che non mi ero accorto che c’era una persona dietro di me.

 

Mi volto stupito, ma contento di non essere solo.

Il giovanotto mi ha confessato di essere uscito per fare quattro passi sulla neve ma poi, avendomi visto salire verso il forte aveva deciso di raggiungermi. Altra piacevole sorpresa: era sardo come me!

Bene! Così adesso eravamo in due nel bosco, con la neve sopra le caviglie, senza avere un’idea della strada da seguire.

Volteggiare leggiadro, rischiando ad ogni passo

Abbiamo iniziato a scendere ad intuito. Abbiamo iniziato a chiacchierare, a parlare della nostra Isola e di quanto sia bella, soprattutto nell’interno. Poi, raggiunta la parte alta di Via Berghini è diventato tutto più semplice. La strada, dapprima sterrata, diventa cementata e quindi asfaltata.

Iniziamo a scendere stando attenti a camminare sulla neve non pestata per avere più presa. Seguiamo la strada asfaltata fino al Forte di Santa Tecla, quindi imbocchiamo una stradina stretta e ripida che, passando in mezzo ai palazzi, raggiunge l’ingresso dell’ospedale San Martino. La discesa è stata un vero incubo: a terra la neve marcia rendeva difficile l’equilibrio.

Le mani costantemente vicine al mancorrente (dove era presente). Praticamente ero più simile alla (molto) brutta copia di una étoile della Scala che ad una persona (più o meno) normale che scende una strada.

Ma, fortunatamente, sono (siamo) arrivati in fondo senza graffi.

Poi ci siamo salutati ed ho preso la strada di casa camminando per buona parte nella corsia protetta degli autobus, che era sgombra da neve.

La cosa importante

Pensandoci bene, al fondo, la cosa importante non è stata la meta.

Mi sono reso conto che tante volte, forse anche un po’ troppo spesso, non abbiamo più il tempo per fare ciò che ci piace davvero, per le cose belle, perché abbiamo troppe cose da fare, troppe cose a cui pensare!

Di avventure ce ne sono e ce ne sono molte: anche vicino a casa.

Basta solo avere la voglia di uscire e di andare ad esplorare!

 

 

C’era una volta una croce. Ora non c’è più. Nella notte di lunedì 29 ottobre 2018 è crollata a terra.

Se ne stava là, un pò arrugginita dal tempo che, inesorabilmente, passava. Circondata dai prati (per la verità un pò spelacchiati) e da tanti ripetitori di radio e tv.

Per più di 100 anni ha vegliato su Genova dagli 800 metri del Monte Fasce, sconfiggendo maltempo e tempeste di vento. Alta 14 metri e pesante 3.500 kg. 

C’era una volta un sentiero. Tranquilli, quello c’è ancora e sale in verticale “#FromSeatoSummit“.

Prospettiva verticale

L’anno scorso Sisport, la società sportiva che ha avuto pietà delle mie velleità e ha accettato di tesserarmi, ci ha organizzato il Genoa Night Vertical.

Chi lo conosce come il sottoscritto, il sentiero, lo percorre anche quando non c’è la gara.

Il percorso parte dalla spiaggia e, dopo un breve passaggio tra le case di Nervi diventa tutt’uno con il sentiero che sale in verticale.

Il sentiero non è proprio cattivo, ma scontroso sì. Però è molto bello. 

Solo in qualche tratto smette di tormentare il respiro e concede di riprendere fiato. Si fa pregare per quasi tutta la sua lunghezza, anche se non è tanto lungo.

…pant…pant… quasi in cima…

Quasi da ogni tratto del sentiero, se puntavi lo sguardo in alto, poco sotto l’azzurro del cielo o la cercavi tra le nuvole basse potevi scorgere lei, la croce: alta, alta e man mano più vicina.

Quello era l’arrivo della gara: che fosse quella organizzata o la tua personale contro il cronometro.

Quando percorrevo il sentiero, soprattutto quando ero poco allenato (cioè la mia condizione più o meno “standard”), mi chiedevo spesso dove fosse finito l’ossigeno; che cosa ne fosse stato dei miei quadricipiti; se mi fossi messo in ascolto, avrei certamente sentito tutti, ma proprio tutti, gli insulti dei miei polpacci.

Il segreto: tapparsi le orecchie e utilizzare contro la mente un’arma di distrazione efficace. Sembra facile…

La mente

Eh, cari miei: la mente è ingannatrice!

Lei sapeva del sentiero verticale. Sapeva che cosa era, cosa ne sarebbe stato dell’ossigeno, dei polmoni, delle mie povere zampette. Era cosciente che lei, solo lei, avrebbe permesso alla mia povera carcassa di bradipo di arrivare alla croce in alto e ai miei polmoni di cercare aria a bocca aperta una volta raggiunta.

Quel sentiero, la mente, lo conosceva da anni. Sapeva cosa faceva a chi si azzardava a metterci i piedi sopra.

Ma non potevo farci niente. Io, al massimo, avrei potuto provare a far tacere la mente mentre cercavo di rendere meno ripido il sentiero. Ero (ma sono ancora) un povero illuso che camminava il più velocemente che poteva, ansimava e si dimenava per andare in alto e arrivarci, possibilmente, con un minimo di dignità appiccicata alla maglietta.

Ma poi ci arrivavo, magari strisciando, quasi, ma ci arrivavo.

E salutavo la croce guardando il sentiero che mi osservava dal basso.

Il sentiero

Lui mi conosceva. Sapeva già, infatti, che sarei tornato ancora. Prima di quanto avessi potuto immaginare.

Non mi sembrava, non volevo crederci: ma era proprio così! E’ furbo, il sentiero: non lo fa vedere.

Sorrideva sotto l’aria burbera.

Il sentiero verticale mi ha lasciato dentro un marchio, una specie di virus: il desiderio di salirci nel minor tempo che mi è possibile (ma in realtà a lui non interessa un fico secco della mia velocità!); il desiderio di calpestarlo ancora per mettermi nuovamente alla prova. Di arrivare in cima.

Dove non troverò più ad attendermi, almeno per ora, la Croce del Fasce.

 

 

Per chi pratica gli sport outdoor – come gli amici di easy2trail – conoscere quale sia la corretta alimentazione per ottenere la massima prestazione dal proprio corpo durante lo svolgimento di attività accomunate dalla fatica quali il trekking, lo scialpinismo, la mountain bike o ancora il trail running o lo speed hiking, è di fondamentale importanza.

dieta-sana

Come migliorare la nostra performance sportiva raggiungendo il top

Cosa mangiare prima e dopo un allenamento, soprattutto i “lunghi”? Come gestire dal punto di vista nutrizionistico una gita in montagna? Come nutrire la massa magra e perdere quella grassa?

Queste alcune delle domande sull’argomento alle quali ho cercato di dare una risposta non improvvisata.

Quando ho iniziato a frequentare una palestra mi sono affidato ad un team competente, giusto? Allo stesso modo, quando ho cercato di migliorare la mia performance sportiva e imparare come funziona il mio “motore” (in realtà piuttosto spompato), mi sono affidato ad una dietista.

Io mi sono affidato ad una professionista seria e competente, con un presente da sportiva (è una triatleta di ottimo livello): la dottoressa Alice Nattero.

La mia esperienza

Il mio problema era che avevo un fisico iperidratato e ipernutrito, dotato di una più che accettabile massa cellulare attiva, ma i miei muscoli non lavoravano in modo efficiente.

Ogni fisico è diverso, anche se all’apparenza può sembrare simile e ci sono mille e più variabili che la dietista ha analizzato.

Ecco le valutazioni che la dottoressa Alice Nattero ha effettuato alla prima visita:

VALUTAZIONE ANTROPOMETRICA

Ha permesso di individuare le mie caratteristiche fisiche e metaboliche, lo stato di accrescimento e la predisposizione all’ipertrofia della muscolatura e del grasso corporeo.

VALUTAZIONE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA

Valutazione qualitativa della massa corporea: ha permesso di stimare la quantità di grasso corporeo e massa magra, per giungere ad una stima del peso ideale, ottenibile tramite la dieta e allenamento coadiuvati.

ANAMNESI ALIMENTARE

Cioè la valutazione delle mie abitudini alimentari e delle implicazioni di queste con le mie caratteristiche fisiche e con l’attività svolta.

STRUTTURAZIONE PIANO DIETISTICO

Elaborazione di una dieta basata sui miei parametri fisiologici, abitudini e gusti personali. In particolare la dottoressa Nattero mi ha consigliato una dieta a ridotto contenuto di zuccheri semplici.

Sapete quanto può migliorare la nostra performance, semplicemente mangiando in maniera ottimale per il nostro fisico? Scoprirlo vi sorprenderà!

Il mio intento con questo articoletto non era quello di darvi consigli mirati o specifici (non sono in grado!), ma quello di darvi qualche spunto per ragionare sul perché l’alimentazione, soprattutto per noi che pratichiamo sport outdoor con regolarità, è estremamente importante.

Prossimamente vi proporrò l’intervista che farò alla dottoressa Alice Nattero e vi ricordo che SOLO recandosi di persona in uno studio di professionisti si può avere il quadro completo di ciò che serve al VOSTRO corpo…non a quello di Kilian Jornet o Franco Collè!

E voi quanto siete attenti all’alimentazione prima e durante l’attività fisica?

 

(Fonte: www.pxhere.com)

Per chi sale a passo veloce una montagna, l’arrivo in vetta rappresenta sempre una specie di conquista, un momento magico, personale e intimo.

Ricordo ancora l’emozione che mi ha attraversato da capo a piedi quando, giunto in vetta al Monte Zerbion lungo il percorso del Cervino X Trail di qualche anno fa, ho avuto davanti ai miei occhi tutte le cime del massiccio del Monte Rosa davanti a me.

E’ stato qualcosa di indescrivibile!

Ma anche se non si è in gara, quando si arriva in cima la soddisfazione aumenta quando, ancora ansimanti, rivolgiamo lo sguardo in basso, verso il sentiero che abbiamo percorso che si snoda e si fa largo tra le piante lasciandosi alle spalle il bosco.

Così come noi, che dopo molta fatica ci lasciamo alle spalle il caos e la frenesia della vita di città, per una giornata o un pomeriggio, o solo qualche ora di riconnessione totale con la natura. E forse con noi stessi.

Questo è lo speed hiking, questa è la corsa in montagna: rispetto, fatica, curiosità, gioia.

Sentimenti che ci portiamo a casa, una volta ridiscesi, e che durano nel tempo.

Namastè.